20 giugno 2010

Abbiamo davvero bisogno di tanto tonno?

Nonostante il 2010 sia stato eletto come anno della biodiversità, a marzo in occasione della 15° Conferenza delle Parti della Convenzione internazionale sul Commercio internazionale di specie a rischio (CITES COP 15) dei 129 delegati governativi votanti a Doha, 72 hanno votato contro la proposta di bando commerciale, a livello internazionale, del tonno detto “pinna blu”, a rischio di estinzione., 43 a favore e 14 si sono astenuti.

Tutto sommato l’Italia ha comunque bloccato da quest’anno la pesca con reti di circuizione dei tonni nei mari italiani, garantendo dei sussidi che convincessero le grandi barche a stare in porto, circa 5milioni di euro oltre alla cassa integrazione dovrebbero andare ai 49 pescherecci italiani, molti dei quali verranno demoliti.

Permettendo solo ai piccoli pescatori detti artigianali, che cacciano i tonni con i palangari, un sistema di cavi e lenze armate ad ami, di uscire in mare dato che hanno quote di pesca ben inferiori ai pescherecci formato industriale (433 tonnellate contro 3.555 nel 2007).

Il tutto, nel nome della salvaguardia del pesce. In verità, la questione dell’estinzione è dibattuta. A sentire i pescatori, è una balla. «Non è vero che non c’è più tonno nel Mediterraneo. Si è ripopolato, in questi ultimi anni. Le quote sono stabilite utilizzando il principio precauzionale, quanti sono davvero non lo sa nessuno». Gli ambientalisti la pensano diversamente. E anzi, puntano l’indice contro la pesca illegale, contro gli sforamenti delle quote, contro la pratica della «stabulazione», gabbie che consentono d’ingrassare il pesce catturato e di rivenderlo con l’inghippo della post-produzione, che consente di raggirare le regole internazionali.


Può darsi che alcuni perdano il lavoro, altri i soldi, ma tutti potremmo perdere un bene comune che fa parte dei nostri mari, solo per pura ignoranza ed esigenza di mercato. Infatti entro il 2012, se non si correrà ai ripari, questa specie (come anche altre) potrebbe scomparire dai nostri mari, considerato che a seconda delle stime e' stato già perso tra l'80 e il 95% dello stock.



Dopo queste informazioni viene da chiedersi cosa ne facciamo di tutto questo tonno? Dal Mediterraneo la prima scelta va dritto al Giappone, il resto nei ristornati in giro per l’Italia, ma gli scarti e la gran parte del tonno pescato nei mari ed oceani va a finire in scatola, uccidendo altre specie protette come balene, tartarughe, mante, squali bianchi, e un sacco di altre specie che, riproducendosi in maniera estremamente lenta, non sono in grado di reggere questa pressione di pesca.


Rimane da chiedersi se davvero abbiamo bisogno di tutto questo tonno nella nostra vita?

Varrebbe la pena rinunciare a comprare il tonno in scatola per un paio d’anni per godere invece una o due volte l’anno di un bella tagliata di tonno scottato?

Il consumo di tonno in generale non fa bene quanto si pensa alla salute, tra i pesci non è il più ricco di omega-3, uno degli acidi grassi così essenziali al nostro organismo. Il salmone, lo sgombro, l’arringa, le acciughe e le sardine sono più ricche di omega-3, e tralasciando il salmone forse unico ad essere ancora troppo commercializzato, i rimanenti sono più sostenibili ai danni del mare.

Oltre a questo c’è il rischio che mangiando troppa carne di pesce si accumulino metalli pesanti nel nostro corpo, quali mercurio, nickel, cadmio e arsenico, oltre anche a vari agenti contaminanti come il furano, diossine, PCB e altre sostanze cancerogene.


Ma è indispensabile sapere che l’omega-3 non si trova solo nei pesci, anche nelle carni di animali allevati all’aperto che mangiano erba, nel loro latte e nelle loro uova, infatti un pezzo di formaggio di derivazione biologica della grandezza di una scatoletta di fiammiferi ci da l’88% del fabbisogno quotidiano di omega-3. Inoltre si trova nei semi in generale, nelle noci, nelle nocciole, e in particolare nei semi di lino, il cui olio è il più ricco e benefico per il nostro corpo.


Allora cos’è che ci fa consumare tanto tonno?

Sarà la cultura, l’abitudine, la praticità? Come per ogni problema, la soluzione è più semplice di quanto possiamo immaginare. Di varietà il nostro mondo è pieno e noi non dobbiamo fare altro che rendere varia la nostra dieta. Non mangiare sempre le stesse cose e soprattutto mangiare meno carne e meno pesce.

Nel libro “In difesa del cibo” Michael Pollan inizia con queste parole:

Mangiare cibo. Non troppo. Soprattutto piante.

Eat food. Not too much. Mostly plants.



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